Una Marchigiana in giro per il mondo

Trent’anni o poco più che equivale a dire esperienza e creatività. E se vogliamo proprio dirla tutta…novità. Perché sono quelle sensazioni “a pelle” che si hanno immediatamente venendo in contatto con “La Marchigiana” di Daniela Diletti e con le sue creazioni.

Gente seria, gran lavoratori e soprattutto grandi artigiani nel settore della pelle. Titolari di una piccola impresa nata negli anni ’80 in quel di Force, paesino dell’ascolano, in quella terra che da sempre ha visto nascere e crescere generazioni di artigiani del pellame i Diletti, al secolo Gabriele e Filomena decidono di essere però diversi dagli altri: mentre in molti vogliono fare il salto da piccoli artigiani a industriali di settore, loro no. Vogliono passare dall’industriale all’artigianale: il bello di questa storia e che non solo ci riescono, perché sono bravi e lavorano duro, ma ci riescono anche perché hanno una figlia, Daniela, che ha una marcia in più. Anzi, ne ha diverse: creatività, innovazione, scelta di materiali, preparazione e soprattutto curiosità ed attenzione al mercato, alle tendenze, quasi a voler precorrere e anticipare i tempi. Ed ecco allora che dopo la fabbrica è la casa che diventa il laboratorio; dove i ritmi quotidiani portano alla creazione di poche paia di scarpe, ma di alta gamma uniche non solo per design ma per quella maniacale lavorazione dei materiali. Ed è proprio Daniela che raggiungiamo a Torino di ritorno da Anversa e tra poco nuovamente in partenza.

 


“Sono orgogliosamente figlia di artigiani e fin da bambina ho trascorso il mio tempo tra macchine da cucire, teli e colori; sono cresciuta passando molto tempo nelle botteghe tra mestieri manuali e creativi. Volevo creare fin da piccola; poi la vita è andata non sempre secondo i programmi fino ad arrivare ad un grande traguardo, specializzandomi  al Politecnico di Torino. “ Scelta vincente per chi ha deciso di mettere corpo e anima in un settore dove creatività, scelta di materiali e modelli devono avere una preparazione e non una improvvisazione. “Ho aiutato i miei genitori a vendere nei mercatini di paese il risultato della nostra creatività: subito apprezzata! In tanti chiedevano dove fosse il punto vendita per scarpe, borse e accessori. E allora ho deciso davvero di aprirlo il punto vendita, nel cuore di Torino, a San Salvario”.

Ma perché proprio a Torino? “Tra le tante città che ci hanno visto presenti negli anni con le nostre linee di produzione Torino ci è sembrata quella che più ha risposto alle nostre aspettative. Torino è una città particolarmente interessante: molto attenta alle novità in questo settore, dove viene riconosciuto il rapporto qualità prezzo, rispetto ad altre grandi città dove l’artigianato, soprattutto se piccolo, fa più fatica ad affermarsi”. Una realtà, quella dei Diletti, piccola ma agile e veloce, nel recepire le curiosità e soprattutto le aspettative e le richieste dei clienti, e rapidamente, artigianalmente metterle in pratica”.

Ispirazione e creatività “che ci vengono anche dalle richieste dei nostri clienti – dice Daniela, perché è da sempre che siamo attenti alle loro osservazioni, gusto, richieste esigenze. Un insieme di input che metabolizziamo velocemente e traduciamo nella linea della nuova produzione. Siamo molto attenti alla creatività artigianale di altri paesi e città, per esempio del nord Europa, prima fra tutte Anversa. Così come ci piace produrre delle nostre creatività dove si fondono materiali tradizionali con soluzioni tecniche tra le più innovative”. Ed ecco allora che prepotentemente si affaccia un progetto, un’idea quasi maniacale che Daniela ha da molto tempo: questo lavoro deve prevedere un salto di qualità di tutta la categoria artigianale che lavora in questo settore. “Certamente non basta una vendita diretta con il cliente. E’ importantissimo questo ma c’è bisogno di una formazione professionale dell’artigiano che sia in linea con i tempi. Ottimale sarebbe la fusione tra un artigiano di lunga esperienza in questo comparto e un giovane laureato ben inserito nel mondo della comunicazione, dei social se vogliamo. Oppure creare un team di lavoro dove le esperienze di ciascuno si fondano per il raggiungimento di obiettivi comuni”.

 

Ma c’è un problema, inutile nascondercelo, non nell’immediato…ma quasi. E Daniela lo sa molto bene. “ Tra una decina di anni spariranno la quasi totalità dei piccoli artigiani che pure hanno fatto la storia di questo settore del made in Italy: è una realtà inarrestabile. Sta scomparendo la figura dell’artigiano, le sue competenze, la sua creatività, la sua capacità di dialogo con il cliente; soprattutto se queste piccole fabbriche lavorano per conte terzi. Aprire una piccola fabbrica è anche possibile ma oggi è sempre più difficile recuperare e trasmettere competenza e tradizione. E la soluzione? Mancano le scuole professionali dove avviare giovani verso questa professione e permettere al vecchio artigiano di crescere ancora di più affiancato da persone giovani, esperte nel settore della comunicazione così da proiettarlo nei grandi mercati dove il suo prodotto può essere rapidamente conosciuto.” Tempi per la realizzazione di un prodotto? “È molto variabile: ma essendo artigiani e quindi garantendo una lavorazione di eccellenza non in serie ma dedicata possono passare 25/30 giorni per la progettazione per i diversi materiali e un paio di giorni per la realizzazione. Dietro un paio di scarpe o una borsa c’è creatività, studio, fattibilità, progettazione, prova di materiali, di verniciatura”. Altro aspetto: scelta rigoroso del materiale. “Cerchiamo pellame conciato al vegetale; pellami che non hanno una patina di rivestimento perché è una operazione che preferiamo fare noi con l’impiego di cera, soprattutto riguardo alle tomaie. Il risultato è un pellame molto morbido che può essere messo al piede anche senza calze”.

E una pelle scadente come si riconosce? “Una pelle scadente è uguale in ogni punto, senza un minimo difetto. Se questo si vede in una scarpa vuol dire che il pellame non è di ottima qualità, perché destinato a grandi quantitativi da immettere sul mercato. Poi verificare in una scarpa la fodera. Se all’interno della scarpa ci sono pellami che hanno tantissimi puntini nella fodera che corrispondono alle setole allora quello è maiale, pellame assolutamente economico e non ha la morbidezza ad esempio del vitello molto più facile a riconoscere ma di ben altro valore. Se una scarpa ha all’esterno una estrema uniformità in tutta la sua forma e al suo interno ha una fodera di setola di maiale non è una scarpa di qualità.”.

A questo punto la domanda è d’obbligo: ma la manutenzione su una scarpa di qualità?

“ Una scarpa in pelle necessita di essere idratata e protetta con una crema a base siliconica – ci dice ancora Daniela –  oppure che abbia una certa quantità di grasso all’interno, da dare una volta a settimana. Dare anche la crema intorno alla suola e non riporle in luoghi troppo caldi o troppo freddi o umidi”.

 

Tanto altro ancora vorremmo chiedere a Daniela Diletti: ma ci congeda con un sorriso perché “devo preparare un viaggio…uno dei più importanti della mia vita….un appuntamento che non posso mancare…”

 

 

                                             Lorenzo Palma

Foto di Chiara Esposito e Davide Greco

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