Si chiude a Torino la quarta edizione del Festival Internazionale dell’Economia, con oltre 100 incontri, 300 ospiti e un focus sul ruolo dei giovani nel mondo che cambia
Si è conclusa ieri, con un dialogo tra gli economisti Yuriy Gorodnichenko (ucraino) e Oleg Itskhoki (russo-americano) sul tema “I giovani, l’Europa, le guerre”, la quarta edizione del Festival Internazionale dell’Economia. L’edizione 2025, dal titolo “Le nuove generazioni del mondo”, ha posto al centro il ruolo e il destino dei giovani in un’epoca attraversata da profondi cambiamenti globali.

Organizzato da Editori Laterza, Collegio Carlo Alberto e Torino Local Committee, con la direzione scientifica di Tito Boeri, il festival ha animato Torino dal 30 maggio al 2 giugno con oltre 100 eventi tra conferenze, workshop, incontri internazionali, cinema e teatro. Un totale di 300 ospiti – tra economisti, sociologi, statistici, demografi, scrittori e psicologi – hanno contribuito a una riflessione collettiva sul disagio giovanile e le sfide che le nuove generazioni si trovano ad affrontare: crisi demografica, migrazioni, cambiamenti climatici, rivoluzioni tecnologiche, instabilità geopolitica e trasformazioni del lavoro e della famiglia.
Particolarmente significativa la partecipazione giovanile, con oltre 1500 studenti coinvolti direttamente. Il Festival ha voluto offrire spunti e strumenti per affrontare un futuro che richiede creatività, apprendimento continuo e un rinnovato impegno civile per ridefinire i modelli di crescita economica e sociale.
In apertura dell’evento conclusivo, Tito Boeri ha letto il toccante ricordo inviato da Mario Draghi in memoria di Stanley Fischer, economista di fama mondiale scomparso il 31 maggio, celebrato per il suo rigore, la sua umanità e il profondo impatto su generazioni di studiosi e policy maker.
Il bilancio del Festival è stato tracciato anche da alcune delle figure chiave dell’organizzazione:
Giorgio Barba Navaretti, Presidente del Collegio Carlo Alberto, ha parlato di “giornate intense e ricche di idee in un mondo sempre più difficile per i sogni dei giovani”, ringraziando il pubblico e i sostenitori.
Tito Boeri, Direttore Scientifico, ha evidenziato l’importanza di riflettere su come garantire pari opportunità, valorizzare il ruolo degli insegnanti e sostenere le famiglie, in un tempo in cui “si erigono nuove barriere alla mobilità”.
Pietro Garibaldi, coordinatore del TOLC, ha sottolineato il valore del Festival come esercizio di apprendimento collettivo, reso possibile anche grazie all’ampio sostegno delle istituzioni.
Giuseppe Laterza, Presidente della casa editrice Laterza, ha infine celebrato “la grande partecipazione dei giovani”, riconoscendo nella comunità della conoscenza nata a Torino un patrimonio da coltivare.
A ricordarci il peso e le contraddizioni dell’età giovanile, il festival ha scelto di aprirsi con una citazione di Paul Nizan:
«Avevo vent’anni: non permetterò a nessuno di dire che è l’età più bella della vita».
Una frase che, oggi più che mai, suona come un invito a non idealizzare, ma a comprendere e accompagnare davvero le nuove generazioni.
Il Talk della Famiglia Ceretto:“Dalle Langhe al mondo.
Proprio di visione e radici si è parlato durante uno degli incontri più attesi della quarta edizione del Festival Internazionale dell’Economia: sul palco, Bruno e Roberta Ceretto, padre e figlia, fondatori di una delle cantine vinicole più note in Italia e nel mondo, hanno incantato il pubblico raccontando la loro straordinaria storia: quella di una famiglia che ha trasformato le colline delle Langhe in un brand globale, senza mai perdere il senso dell’origine.
“Dov’è il Piemonte? Tra Venezia e Montecarlo”. Così Bruno Ceretto, imprenditore visionario e patriarca del vino, spiegava ai clienti stranieri dove si trovasse Alba. Un modo semplice, ironico, ma tremendamente efficace per raccontare al mondo un territorio che oggi è sinonimo di eccellenza, cultura e gusto.
Il futuro nasce da un “no”
Bruno Ceretto ha iniziato così: con un rifiuto. Era il 1956 quando il giovane Bruno disse no a un posto fisso offerto da Giuseppe Miroglio, industriale del tessile, uno dei più storici e noti del Piemonte: “Volevo continuare a lavorare con mio padre, eravamo solo in due. Gli dissi: se andrà male, non verrò mai a chiederle un lavoro”. Un atto di coraggio che Miroglio apprezzò, offrendogli in cambio un “decalogo di buonsenso” imprenditoriale: ascolto, dedizione, relazioni umane. “Il lunedì alle 7:30 bisogna essere dal cliente più importante, mentre alza la serranda. Gli dai una mano e ti guadagni la giornata”.
Una lezione che Bruno non ha mai dimenticato. E che, unita allo spirito “azzardato” dei langhetti – “da noi c’erano le bische più importanti del Nord Italia” – ha portato i Ceretto a imporsi nel mondo del vino, conquistando anche i mercati francesi. “Con il cru Cannubi ci siamo guadagnati un posto a tavola”, racconta con orgoglio, citando un celebre articolo tedesco che celebrava la loro ospitalità e qualità.
La nuova generazione parla il linguaggio dell’arte e del vino
Accanto a lui, Roberta Ceretto, cuore pulsante della nuova generazione, ha ricordato il momento in cui ha capito che il vino sarebbe stato anche il suo mondo: “Era il 1999, stavamo costruendo la Cappella del Barolo con Sol LeWitt e David Tremlett. In quel momento ho capito che il nostro lavoro poteva dialogare con l’arte contemporanea. E che il mio posto era lì”.
Roberta ha portato un nuovo sguardo, femminile e culturale, in un settore storicamente dominato dagli uomini.
“Essere donna nel mondo del vino significa credere in sé stesse, ma anche imparare a delegare. E studiare: oggi la formazione è continua, non ci si può più fermare”.
Nel suo intervento ha lanciato un messaggio chiaro:
“Non bisogna accontentarsi di un turismo di massa concentrato in autunno e nei dieci paesi “instagrammabili” delle Langhe. Il territorio è più ampio, autentico. Va riscoperto, allargato. Io e mio marito abbiamo aperto una cantina verso le Alpi Marittime. È tempo di spingersi oltre”
Una scuola, un sogno: il futuro si costruisce qui
Ma il cuore dell’intervento è stato un sogno condiviso: la nascita di una scuola per giovani cuochi, finanziata da un hotel di lusso e ospitata su un bricco con vista spettacolare su Alba, Barolo e Barbaresco. Una sorta di “donazione educativa” al territorio.
“Vogliamo formare ragazzi che abbiano il vincolo di restare almeno cinque anni qui, nelle Langhe. Anche se arrivano da fuori, anche se sono stati formati dalla concorrenza”, ha spiegato Bruno con l’entusiasmo di chi non ha mai smesso di progettare.
L’idea è coinvolgere lo chef Enrico Crippa, già al fianco dei Ceretto nel celebre ristorante Piazza Duomo, e dare vita a una vera accademia del gusto che unisca saper fare, cultura, radicamento territoriale.
I giovani al centro del Festival
Il dialogo tra i Ceretto si è inserito perfettamente nel tema dell’edizione 2025 del Festival: “Le nuove generazioni del mondo”. Più di 100 incontri, 300 ospiti, e oltre 1.500 studenti hanno animato una quattro giorni intensa, segnata da confronti sui grandi temi del nostro tempo: crisi climatica, demografica, tecnologica e geopolitica.
“Un posto a tavola” per chi verrà
Il pubblico – attento, giovane, partecipe – ha confermato come il racconto di chi ha saputo costruire il futuro partendo dalla propria terra possa offrire strumenti concreti alle nuove generazioni. Come ha detto Giorgio Barba Navaretti, presidente del Collegio Carlo Alberto, “in un mondo sempre più complesso, è bello vedere così tanti ragazzi fare domande, cercare risposte, costruire idee”: la famiglia Ceretto, con la sua storia fatta di vino, arte, e coraggio, ha lasciato un messaggio limpido: il futuro non si eredita, si costruisce. Con passione, con visione, e con il coraggio di dire no. Anche quando hai solo vent’anni.
Contributo di Chiara Vannini