Negli ultimi anni emerge chiara una fotografia complessa: i giovani guardano al futuro lavorativo con un misto di speranza e inquietudine, divisi tra fiducia nelle proprie competenze e la frustrazione di un mercato ancora incerto.
Secondo Adecco, il 67,6 % dei giovani italiani è ottimista di trovare lavoro entro un anno dal termine degli studi, e 60,3 %si dice pronto grazie alle proprie competenze . Inoltre, il 61 % si ritiene preparato alle nuove esigenze del mercato — cifra che sale al 70 % tra chi è già occupato — e il 89 % afferma che il lavoro rappresenta realizzazione personale .
Un’ampia indagine Confcommercio, invece, mostra che quasi il 18 % dei giovani di meno di 30 anni svolge già il lavoro che desidera, mentre il 39,6 % confida di riuscirci entro i trenta . Ciò che conta di più nel lavoro non è solo lo stipendio, ma la stabilità (il posto fisso interessa il 46,2 %) e l’autonomia (37,7 %) .
Gli studi Legacoop‑Ipsos delineano, infine, una scala di priorità nella vita giovanile: risalto ai valori come rispetto (50 %), onestà (44 %) e libertà (42 %), mentre tra le priorità lavorative emergono salute mentale (36 %), indipendenza economica (21 %) e soddisfazione personale (20 %) .
Non mancano motivo di preoccupazione: per il 29 % dei ragazzi 18‑24 la ricerca di un lavoro migliore è una spinta a cambiare occupazione , mentre ben il 68,4 % dei giovani teme un ingresso nel mondo del lavoro segnato da precarietà, sotto-retribuzione o mancanza di rispetto .
Le retribuzioni stentano a decollare: oltre il 43 % degli under‑35 guadagna meno di 1 000 € al mese, mentre il 32,7 % si attesta fra 1 000 e 1 500 € .
Il tema dell’emigrazione è vivo: secondo Il Sole 24 Ore, il 29 % dei giovani immagina un futuro lavorativo all’estero . EY‑SWG segnala che il 62 % sta prendendo in considerazione un’esperienza lavorativa fuori dall’Italia nei prossimi dieci anni . Un’emorragia dovuta anche alla crisi occupazionale domestica: nel solo 2023, 21 000 giovani laureati tra 25 e 34 anni hanno lasciato il Paese .
Se davvero si vuole fermare il brain drain – la fuga di cervelli- sostenere i giovani e far ripartire il Paese, bisogna mettere al centro non solo l’occupazione, ma il lavoro di qualità — serio, stabile, rispettoso, gratificante. Perché il futuro del lavoro sarà davvero tale solo se sarà all’altezza delle aspettative di chi lo costruirà.