⌈Editoriale – l’altraItalia⌉
Ogni estate ci ritroviamo a fare le valigie con la stessa speranza: staccare, rallentare, ritrovare qualcosa. Ma sempre più spesso, quella che chiamiamo “vacanza” somiglia a una replica stanca, sovraffollata e rumorosa. E allora vale la pena chiederci: ha ancora un senso partire così?
Un tempo le vacanze erano una pausa. Una sospensione lenta e necessaria dal quotidiano, una ricerca del silenzio, dell’altrove, di sé. Oggi, troppo spesso, sono diventate un’ansia da prestazione, una corsa a incastri perfetti, uno scenario replicabile da milioni di altri smartphone.
Il fenomeno dell’overtourism – milioni di persone spinte verso gli stessi luoghi, negli stessi giorni, con gli stessi occhi – ha trasformato mete un tempo autentiche in scenografie per consumo rapido. Città storiche diventano parchi tematici, borghi svuotati di vita vera, spiagge saturate fino all’invivibilità. Non è più viaggio, è traffico. Non è più vacanza, è logistica.
Abbiamo perso, in questo flusso continuo, il significato profondo del partire: l’incontro, la sorpresa, la trasformazione. Eppure, il senso è ancora lì, in attesa. Forse, nel camminare senza meta, nel parlare con chi resta, nello scegliere il meno noto. Nel disertare, per una volta, l’itinerario “virale“.
Solo così potremo restituire dignità ai luoghi – e a noi stessi – riscoprendo la vacanza non come fuga, ma come ritorno a qualcosa di vero.