Dal 19 al 22 settembre, Bra (Cn) tornerà a essere il cuore pulsante di un’Italia che non si arrende. Quella che ancora sa trasformare il latte in cultura, in relazione, in biodiversità. Cheese 2025, la manifestazione simbolo di Slow Food dedicata ai formaggi a latte crudo, giunge alla sua quindicesima edizione in un momento storico particolarmente critico per il comparto. Non è solo una fiera, ma un’agorà, luogo di confronto, dialoghi e di visione.
A minacciare questo fragile e prezioso mondo è la pubblicazione, da parte del Ministero della Salute, delle nuove linee guida per il controllo del rischio STEC nei formaggi a latte crudo. Un testo che, nella sua forma attuale, rischia di tradursi in una condanna per centinaia di piccoli produttori italiani.
Barbara Nappini, presidente di Slow Food Italia, lo dice senza giri di parole:
«Non si può discutere di salute dimenticando il valore vitale dell’artigianato alimentare. Le linee guida, così come sono, rendono di fatto impossibile la sopravvivenza del formaggio a latte crudo. Non possiamo permettere che la sacralità della vita cancelli quella delle vite vissute tra alpeggi e caseifici, nel solco di una tradizione millenaria».
Non è retorica. È allarme reale. A Bra, durante la presentazione di Cheese 2025, a raccontarlo con la voce rotta è Mattia Amich, giovane produttore di Roccaverano DOP.
«Se queste regole diventano obbligatorie, scompariamo. Il nostro consorzio lavora solo con latte crudo. Io ho lasciato il mio lavoro nell’enomeccanica per salvare una cascina, per continuare quello che si è sempre fatto in questa terra. Ma ora quel mondo rischia di crollarmi addosso».
Una testimonianza che è già di per sé un manifesto politico. E che solleva la domanda centrale: che Italia vogliamo?
Carlo Petrini, fondatore di Slow Food, rilancia:
«Paradossale. Negli Stati Uniti, grazie anche al lavoro fatto da Slow Food, i casari possono finalmente produrre a latte crudo. E qui, in Italia, dove quel sapere è nato, si rischia di soffocarlo sotto il peso della burocrazia. Se perdiamo i nostri formaggi, perdiamo noi stessi. Dobbiamo imparare dai Francesi: mai accetterebbero di mettere in pericolo il loro patrimonio caseario».
Un appello, quello di Petrini, che ha trovato ascolto nelle istituzioni locali. L’assessore all’Agricoltura della Regione Piemonte, Paolo Bongioanni, ha assicurato l’impegno della Regione:
«Ho dato mandato di costruire un protocollo che tuteli tutta la filiera dei formaggi DOP. La salute resta una priorità, ma non possiamo sacrificare ciò che rende vivo il nostro territorio. Vogliamo arrivare a Cheese con soluzioni chiare e concrete».
Nel frattempo, Bra si prepara. Cheese 2025, organizzato da Slow Food e dalla Città di Bra con il sostegno della Regione Piemonte, sarà come sempre un evento che unisce il rigore della riflessione alla gioia del palato. Un momento in cui il cibo torna ad essere linguaggio universale e strumento politico.
Nel 2023, dopo la lunga pausa del Covid, Cheese ha visto la partecipazione di oltre 400 espositori da tutta Italia e da 14 paesi del mondo. E nel 2025 l’attesa è ancora più forte.
Il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, ha sottolineato:
«Cheese è molto più di una fiera: è cultura, identità, un’economia diffusa che valorizza l’agricoltura contadina. Il Piemonte cresce con Cheese. E continuerà a farlo».
Accorato anche l’intervento del sindaco di Bra, Gianni Fogliato:
«Da trent’anni Cheese è un’avventura collettiva che porta cultura e turismo. Bra sarà pronta, come sempre, ad accogliere il mondo che ama il formaggio e chi lo fa».
A chiudere, le parole di Mariano Rabino, presidente dell’Ente Turismo Langhe Monferrato Roero, che restituiscono la visione di lungo periodo:
«Cheese ci ha cambiati, ci ha insegnato a leggere il territorio con occhi nuovi. È un modello di turismo e di economia che parla di sostenibilità vera, di accoglienza umana, di mobilità dolce, di legame profondo tra cultura e paesaggio».

Cheese 2025 sarà una festa. Ma anche un presidio.
Un’occasione per difendere con i sensi ciò che rischiamo di perdere con l’indifferenza. Un invito a ricordare che dietro ogni forma di formaggio c’è una forma di vita, e che salvare il latte crudo oggi è un atto di responsabilità verso le generazioni future.
Perché in gioco non c’è solo il sapore: c’è l’anima di un’Italia che resiste.
A cura di Chiara Vannini