Carbondoro: non solo lusso. La visione il racconto dello chef Haziri

C’è una carbonara da 70 euro che sta facendo discutere. Si chiama Carbondoro. E no, non è uno sfizio da jet-set o un’ostentazione da social. È il piatto-manifesto di Emin Haziri, lo chef alla guida di Procaccini Milano, ristorante in via Procaccini 33, dove la cucina italiana si misura ogni giorno con un’idea precisa di valore: quello che nasce dal lavoro, dalla ricerca e da un’intelligenza che sa mettere in discussione i cliché.


In una città dove si mangia bene ovunque e le nuove aperture corrono più veloci delle stagioni, Procaccini si è ritagliato uno spazio vero. Non tanto per la moda – anche se l’ambiente retrò anni ’70, tra marmi e luci calde, è da scatto facile – quanto per la consistenza della proposta gastronomica. Perché qui, nel cuore del design district milanese, la sostanza non ha paura della forma. E viceversa.

Una carbonara da 70 euro: provocazione o dichiarazione d’amore?

La Carbon d'oro del Procaccini a Milano
La Carbondoro del Procaccini a Milano

Haziri la chiama La Carbondoro, ed è esattamente quello che sembra: un piatto lussuoso, raffinato, ma senza eccessi inutili. Guanciale iberico Cinco Jotas, pasta firmata Pastificio Graziano di Avellino, pecorino stagionato 30 mesi, pistilli di zafferano, 10 grammi di caviale e tre foglie d’oro. Eppure, niente che sembri una forzatura. Il lusso qui è pensato, mai spinto.

«Caro è ciò che non vale», spiega Haziri. «Questa è una carbonara che ha dietro una visione. La “mia” Carbondoro. È il risultato di un lavoro, di una riflessione. È un piatto che racconta. E a Milano, il pubblico ha capito il messaggio».

Il prezzo? 70 euro, certo. Ma anche un biglietto d’ingresso a un’idea di cucina che non cerca l’applauso facile, ma il rispetto. E la risposta dei clienti, a sorpresa, è stata positiva. Sì, si ordina. Si fotografa. Ma soprattutto si mangia. Fino in fondo.

Cucina d’autore, senza retorica

Non c’è solo carbonara, ovviamente. Il nuovo menù di Procaccini Milano è costruito come un viaggio dentro e oltre la cucina italiana: un percorso che ha i piedi nella tradizione e la testa altrove.

  • La Cacio e Pepe è affidata al pepe di Sichuan, che trasforma il classico in un’esperienza balsamica e inattesa.

  • Il Risotto alla milanese mantiene lo zafferano ma rinuncia all’ossobuco per un fondo di vitello più essenziale e profondo.

  • Il Menù Vegetariano è una vera dichiarazione d’amore alla cucina vegetale: tra carciofi alla brace e spaghetti ai pomodori in tre consistenze, si capisce che la scelta green non è mai un ripiego.

Chi vuole restare sulla linea dei grandi classici trova il menù “La Tradizione Italiana”, dove caprese, vitello tonnato e tiramisù sono trattati con rispetto e leggerezza. Chi invece preferisce spingersi oltre può affidarsi al Menù Classico Contemporaneo – champagne, aragosta, baccalà, polpo – o al Viaggio dello Chef, un vero e proprio racconto in più atti: animelle con ricci di mare, ravioli d’anatra al foie gras e lampone, maialino croccante con carota e zenzero.

Mangiare (bene) è ancora un atto culturale

Procaccini Milano è anche uno spazio di bellezza. Gli interni parlano un linguaggio caldo, ispirato agli anni ’70, con dettagli in legno e marmo e una cantina da oltre 370 etichette, dove non mancano chicche naturali e bottiglie rare. Ma la cosa più interessante è che qui il lusso ha una sua misura, e quella misura è la coerenza.

Nessun effetto wow fine a sé stesso. Solo una cucina che ha voglia di alzare il livello senza alzare la voce. Di stupire senza scadere nel teatrino. Di osare, sì, ma con buon senso.

E in un momento storico in cui tutto è contenuto, immagine e algoritmo, ricordare che il gusto ha ancora un peso reale, che la tecnica può convivere con l’emozione e che il prezzo, a volte, è giustificato dal pensiero che ci sta dietro, non è solo un messaggio importante. È quasi un atto politico.


L’Altraitalia ha avuto il piacere intervistare lo chef :

  • Sei diventato resident chef del ristorante Procaccini a Milano in età ancora giovane: cosa significa per te guidare una cucina in una piazza competitiva come quella della Milano gastronomica? 

Il fulcro della mia carriera è avvenuto a Torino all’età di 24 anni, dove ho avuto la possibilità di  gestire la brigata del Bistrot di Cannavacciuolo per circa 3-4 anni. Prima di questo ruolo, ha lavorato per sei mesi come capo partita di pesce a Villa Crespi. Dopo una breve esperienza a Courmayeur, mi sono trasferito a Milano,  perchè la considerandovo una piazza stimolante per la mia crescita professionale.  Non ho ambizioni da stella, bensì quella di fare bene il mio lavoro ogni giorno, migliorare il mio stile, cercare di andare incontro a un pubblico e una clientela sempre più esigente , non solo milanese.

Sala principale del Ristorante Procaccini a Milano
Sala principale del ristorante Procaccini a Milano

Il Procaccini è apprezzato e conosciuto sopratutto dagli stranieri, che rimangono affascinati dall’atmosfera elegante e di altri tempi. L’accompagnamento della serata con il pianoforte, pacato, mai invadente, lo stile formale ma nemmeno troppo, tutti questi elementi rendono la serata davvero indimenticabile. E io, finalmente, ho trovato la mia dimensione, spesso anche lontana di riflettori, molto concreta e a dedicata in tutto e per tutto a cucinare.

 

  • Piatti come, appunto, la Carbondoro  – raffinati, d’impatto ma anche costosi – si inseriscono in un panorama gastronomico che è sempre più attento alla sostenibilità economica e ambientale.  Come si pone la cucina  del Procaccini tra lusso e contemporaneità? 

Lo considero ormai un mio piatto ” signature” ed è stato creato per stimolare l’innovazione, incorporando elementi di lusso come foglia d’oro, caviale e zafferano. Il prezzo di 70€ è giustificato dalla qualità degli ingredienti e mi rendo conto ( ma già lo immaginavo) che abbia generato notevole interesse mediatico. Ho sviluppato un approccio distintivo, concentrandomi  sulla qualità degli ingredienti che ho utilizzato e il pensiero che ho avuto: questo piatto  ha incluso ingredienti pregiati come il guanciale, il caviale, la foglia d’oro e lo zafferano ( alla base del risotto tipico regionale) ed è stato ispirato ai colori di Milano e della Madonnina.

La Carbon d'oro è spesso ordinata come unico piatto
La Carbon d’oro è spesso ordinata come unico piatto

Non ci potrete credere ( ma le prenotazioni lo confermano)  ma spesso i clienti arrivano al Procaccini solo per questo piatto: si siedono e chiedono espressamente la Carbon d’oro. Nonostante la componente lussuosa, il piatto si inserisce in un contesto di sostenibilità economica e ambientale,  la cucina del Procaccini non è solo ricerca di sfarzo, ma anche attenzione al presente e ai nuovi paradigmi del fine dining: consapevolezza, rispetto delle risorse, e qualità sopra quantità.

 

  • Guardando al futuro, come immagini l’evoluzione della ristorazione? Ti senti di ispirazione per la nuova generazione di cuochi? 

Sicuramente, ci sarà un ritorno alla tradizione nella cucina contemporanea che prevederà un distanziamento dalle tendenze più sperimentali. Esprimo, però,  preoccupazione per la nuova generazione di cuochi, troppo concentrati sui social media e meno resistenti alle difficoltà del mestiere.

Alla mia brigata, con la quale sono molto affiatato, cerco di imprimere rigore, attenzione ma anche passione e voglia di fare; che sono un pò anche le mie caratteristiche come professionista della cucina.

 

Intervista a cura di Chiara Vannini

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