I disturbi della nutrizione e dell’alimentazione (DNA) – comunemente noti come disturbi alimentari – rappresentano una problematica sanitaria sempre più rilevante, sia per la crescente incidenza, sia per l’abbassamento dell’età di insorgenza. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, in Italia nel 2025 si contano circa 3 milioni di persone affette da queste condizioni. Di queste, circa l’80% sono donne, con un’età prevalente tra i 14 e i 25 anni.
Spesso, chi ne soffre vive un conflitto silenzioso tra il bisogno di controllo sul proprio corpo e il desiderio di accettazione. Questo può tradursi in un rapporto disfunzionale con il cibo, con il movimento e con la propria immagine corporea.

Sport e alimentazione: alleati o nemici?
L’attività fisica, se praticata con equilibrio, è benefica. Ma quando è guidata da un bisogno ossessivo di controllo del peso o da finalità estetiche malsane, può trasformarsi in un fattore di rischio. In questi casi si parla di Problematic Physical Activity (PPA): un esercizio fisico compulsivo, spesso irrefrenabile, motivato da spinte patologiche più che da volontà salutari.
Chi manifesta PPA può:
Sperimentare ansia elevata e tratti ossessivo-compulsivi,
Sentirsi in colpa se non ci si allena,
Mantenere livelli di iperattività anche in condizioni di grave sottopeso,
Avere difficoltà a fermarsi o a riposarsi.
Nei disturbi alimentari, questo tipo di comportamento può ostacolare la terapia, peggiorare il quadro clinico e aumentare il rischio di cronicizzazione.

Quando il movimento diventa terapeutico
Fortunatamente, l’attività fisica può anche essere un potente strumento terapeutico. Se praticata in modo consapevole, strutturato e supervisionato da professionisti, può aiutare a:
Migliorare il rapporto con il cibo e con il corpo,
Regolare l’umore e ridurre i sintomi depressivi,
Promuovere la riconnessione con il proprio corpo in modo funzionale, non giudicante.
Tuttavia, non esiste un “modello ideale” di esercizio per tutti: ogni percorso deve essere personalizzato e inserito in un progetto terapeutico integrato, in cui il movimento non sia usato per bruciare calorie, ma per recuperare un senso di benessere psicofisico.
Dove trovare aiuto: la mappatura dei centri e delle associazioni
Uno degli ostacoli principali nella lotta ai disturbi alimentari è la mancanza di consapevolezza o la negazione del problema, che spesso ritarda l’accesso alle cure. Eppure, una presa in carico tempestiva e integrata è fondamentaleper evitare che il disturbo diventi cronico e causi danni permanenti — nei casi più gravi, anche la morte.
Per questo, è stata creata una mappatura territoriale aggiornata dei principali:
Centri di cura specializzati
Servizi ambulatoriali
Associazioni di supporto attive sul territorio
Questa mappa fornisce:
Le informazioni di contatto di ciascuna struttura,
Le modalità di accesso ai servizi,
La verifica dei requisiti minimi di qualità e operatività, grazie alla collaborazione con i referenti regionali e le associazioni di settore.

Un approccio integrato: salute mentale e fisica insieme
Il trattamento dei disturbi alimentari richiede un lavoro sinergico tra diversi professionisti: medici, psicologi, nutrizionisti, educatori del movimento, infermieri. Nessuno può affrontare da solo un disturbo tanto complesso.
Allo stesso tempo, è fondamentale:
Educare al movimento consapevole, non orientato al controllo ma alla cura.
Promuovere una cultura del corpo libera dal giudizio, soprattutto tra i giovani.
Offrire percorsi terapeutici accessibili, visibili e coordinati, evitando interventi isolati o contraddittori.