53 anni, due maratone, nessun limite. Parola del coach motivator Francesco Donati

Due maratone internazionali in meno di dodici mesi, affrontate dopo i cinquant’anni, partendo da zero. Non è solo una sfida sportiva, ma un messaggio potente: con il giusto approccio mentale, nulla è impossibile. Francesco Donati, Mental Coach e ideatore del Metodo Doonati, ha trasformato un’impresa personale in una lezione universale, portando dalle colline del Prosecco fino a New York e Berlino un’idea chiara: i limiti sono nella mente, e possono essere superati. 


Tra un allenamento e un altro, siamo riusciti a intervistarlo:

  1. Come è iniziata la sua passione per la corsa e le lunghe distanze?

“Correndo si soffre, è noioso, è doloroso, è inutile: è un inferno.” Questo è ciò che pensavo prima di iniziare a correre, e sinceramente anche dopo avere iniziato… esattamente fino al terzo mese di allenamento prima della Maratona di New York. E il bello è che avevo ragione! Ma ho continuato lo stesso, perché avevo un obiettivo, una strategia, e quindi un Metodo. E certe volte, bisogna solo “seguire il piano, fidarsi del processo”, perché altrimenti la mente (il cui unico scopo di vita è fare il minimo, la sopravvivenza) ti fermerà di sicuro. Quando superi la mente che ti dice ‘fermati’, lì inizia la vera trasformazione… e diventi invincibile, perché capisci che la Volontà è più forte della mente.

La mia passione è nata infatti come desiderio di vincere contro i miei limiti in senso lato, come sfida audace e una dimostrazione di un principio fondamentale del mio lavoro di mental coach: non abbiamo limiti, se non quelli che ci auto-imponiamo nella mente.

A 53 anni, partendo da zero, senza alcuna esperienza pregressa nella corsa, ho deciso di correre la mia prima maratona internazionale, e ho scelto il top, la più iconica: New York. Perché è importante che gli obiettivi che ci poniamo siano ambizioni, per essere stimolanti.

Questo mi ha permesso di dimostrare anche ai miei clienti le cose che insegno: che non esiste un’età in cui si smette di imparare cose nuove e, soprattutto, che la mente è la risorsa più potente per raggiungere le alte prestazioni. La maratona, insieme al Campo di Sopravvivenza che organizzo per i miei clienti 2 volte l’anno, è uno dei campi di prova per il Metodo Doonati: un protocollo in 7 step che uso per aiutare gli imprenditori a ritrovare chiarezza, passione e raggiungere i loro obiettivi. Se si può preparare una maratona in pochi mesi a quell’età, se si può sopravvivere in un bosco per 1 settimana senza cibo e senza rifugio, si può davvero raggiungere qualsiasi obiettivo. Serve solo un metodo preciso, e la disciplina per seguirlo con costanza.

  1. La zona in cui si è allenato, tra le colline di Valdobbiadene – zona rinomata in tutto il mondo per la produzione di Prosecco – si presta all’esercizio della corsa?

“Assolutamente sì, è un luogo ideale. Ho scelto di allenarmi in modo autentico, immergendomi completamente nella natura delle colline di Colle Umberto, tra i vigneti di Conegliano e Vittorio Veneto. Le Colline del Prosecco patrimonio Unesco, si sono rivelate la mia ‘palestra’ a cielo aperto. Vedi, quando non hai voglia di correre ma pensi che ti immergerai in colline stupende, panorami mozzafiato, scenari plasmati dall’uomo artigiano in decenni di fatica e pazienza…beh, almeno un po’ di voglia in più ti viene per forza.

Oltre ai luoghi fantastici in cui allenarmi, avevo un’altra arma potente: il sorriso. Magari chi mi vedeva correre col sorriso stampato avrà pensato “questo è matto!”. In realtà stavo usando una tecnica che spiego bene nelle mie sessioni di coaching: se l’umore influenza la postura, vale anche il contrario. Quindi, la postura a testa alta e con il sorriso stampato può influenzare il mio umore, che infatti migliorava. Fake it until you make it, dicono in inglese. Oppure, detto in modo più elegante “Se vuoi fare cioè che ami, ama ciò che fai”. E infatti, un giorno dopo l’altro, il sorriso ha influenzato il mio sentimento e il mio umore, e anche correre è diventato piacere vero, autentico.

Mi alleno nella natura, su e giù per queste colline, la mia unica attrezzatura è una borraccia, le scarpe da running e l’orologio. Niente tecnologia astronomica, palestre computerizzate, niente. I primi passi li ho mossi alla Scuola di Maratona di Vittorio Veneto, dove ci sono degli allenatori molto preparati e un gruppo numeroso molto affiatato, che mi ha subito accolto (nonostante all’inizio mi bastava 1 giro di pista per rimanere completamente senza fiato). E suito dopo sono andato a correre nella natura. Questo territorio non è solo un capolavoro paesaggistico, ma è una vera e propria culla dello sport e della resilienza. Correre in questi luoghi, dove si lavora la terra con dedizione e fatica, ha rafforzato in me la disciplina e l’idea che, se si agisce con costanza, si sviluppa l’abitudine che sarà la nostra migliore alleata nel momento del bisogno. Lo stesso principio che insegno agli imprenditori miei clienti, che vengono da me perché sanno bene la regola base: chi non si aggiorna è tagliato fuori, e investire su se stessi è la miglior forma di crescita.

  1. Qual è il suo attuale progetto legato alla corsa e la valorizzazione delle aree di Valdobbiadene?

“Il mio progetto è duplice: personale e di ispirazione. A livello personale, la corsa è la dimostrazione pratica del mio Metodo Doonati (la doppia “o” è voluta, è un acronimo). È il mio modo di continuare a investire su me stesso, di studiare ed evolvere la mia mente. Dopo New York, ho completato la maratona di Berlino insieme ai colleghi coach del MICAP – Master Internazionale in Coaching ad Alte Prestazioni, a riprova che un obiettivo condiviso e l’unione sono chiavi fondamentali per il successo. Quando fai parte di un gruppo di pari, tutto è più facile, perché non vieni lasciato mai indietro.

A livello di ispirazione e valorizzazione, il progetto è molto più ampio, perché vuole divulgare il messaggio e il Metodo Doonati, di cui l’esperienza della corsa è parte integrante del mio percorso di coaching, agli imprenditori che trovano nel mio Percorso DOONATI EVOLUZIONE LEADER la chiave per ingranare quella marcia in più, per realizzare i loro obiettivi e sentirsi più entusiasti e realizzati. Li guido a partecipare a sfide mentali e sportive come la Mezza Maratona (21km) o il Campo Di Sopravvivenza, proprio per allenare la mente a disciplina e resilienza e rendere concreta la loro trasformazione.

In sintesi: utilizzo il mio territorio e le sfide che offre per formare leader ispirati, capaci di ritrovare passione e chiarezza per guidare prima sé stessi e di riflesso le loro aziende.”

Lo stesso Metodo Doonati, calibrata in modo adeguato, lo divulo ai giovani del territorio con eventi di formazione nelle scuole e nelle associazioni, e con sfide sportive in scala adatta ai ragazzi. Il prossimo progetto sarà proprio con le scuole medie di Colle Umberto, grazie al sostegno e alla volontà di professori lungimiranti che hanno veramente a cuore il benessere e la crescita dei loro alunni.

  1. In che modo, secondo lei, sport e vino (viticoltura) possono relazionarsi?

“La relazione tra sport di resistenza come la corsa e la viticoltura è profonda e risiede nella cultura della fatica, della visione a lungo termine e del metodo.

Entrambi richiedono:

  • Disciplina e Costanza: Il vino non si fa in un giorno, e nemmeno una maratona. La viticoltura richiede cura quotidiana e un metodo rigoroso, proprio come l’allenamento.
  • Visione a Lungo Termine: Un viticoltore pianta la vite con una visione pluriennale. Similmente, un atleta definisce un obiettivo chiaro con una data certa, e la sua mente lavora per raggiungerlo, focalizzandosi sul fare il meglio con ciò che ha, senza aspettare la perfezione. Come dico sempre ai miei clienti: la medaglia la vinci ogni giorno che vai ad allenarti, dopo 1 anno vai a fare la maratona solo per ritirarla.
  • Radicamento nel Territorio e nel Saper Essere: Il Prosecco esprime l’identità del suo territorio unico. Allo stesso modo, il mio Metodo Doonati si concentra non solo sul ‘FARE’ (human doing), ma sull’‘ESSERE’ (human being), liberando la persona e aiutandola a trovare le risorse dentro di sé. Spesso l’imprenditore parte con un sogno ideale, e dopo pochi anni si ritrova ad essere schiavo della sua propria azienda, dove lavora più e prende di meno di un dipendente, pensando che basta aumentare l’impegno e le ore lavorate per risolvere il problema. Ma non è così: l’imprenditore ha bisogno di una guida che lo supporti con strumenti e metodo, in modo da poter lavorare meglio (non di più). Così sarà di esempio anche per la sua squadra: se cresce l’imprenditore, cresce anche il team. Sono tutti elementi fondamentali che definiscono il leader centrato, motivato e performante.”

 

Intervista a cura di Chiara Vannini

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