‘Write your story’: dalla crisi della moda ai brand emergenti

Moda sostenibile anche nelle borse di WRITW YOUR STORY

In un’epoca dove il fashion italiano e internazionale vive un periodo buio, nuovi marchi – dai nomi che già creano fiducia con il pubblico , come ‘Write your story’,  si posizionano sul mercato per fare la differenza


⌈di Redazione⌉

All’indomani delle Fashion Week di Milano e Parigi fare il punto sul comparto moda è fondamentale. Al di là delle sfilate e delle bellissime suggestioni che hanno trasmesso, il fashion deve infatti fare i conti con gli aspetti economici che dal 2022 ad oggi registrano un trend che punta verso il basso. Lo scorso aprile, ad esempio, il consumo di abbigliamento e accessori in Italia ha segnato un calo del 9,3%. Un dato inquietante per un Paese che da sempre è ammirato nel mondo anche per la moda. Il problema è che il mercato è ormai saturo e la crisi geopolitica attuale non invoglia certamente le persone ad acquistare accessori e capi costosi che l’anno successivo non sono più di tendenza.

A questo si aggiungono il Fast fashion e il Secondhand, veri competitor della moda più tradizionale. La produzione di capi d’abbigliamento a basso costo molto simili a quelli visti sulle passerelle abbassa il delta tra il prezzo dell’abito e il suo vero valore; per cui, molti, preferiscono comprare nelle catene di Fast fashion invece che in boutique. Allo stesso modo il Secondhand è diventato quasi un trend, grazie alle tante piattaforme di ‘re-sell’ che piacciono sia ai Millennial che alla Gen Z,  agli uomini e alle donne più agées. Non a caso da alcuni anni alla Mostra del Cinema di Venezia e in agli happening internazionali molte celebrità – da Amal Clooney a Cate Blanchett, e altrettante donne della monarchia, come Letizia di Spagna la principessa Kate Middleton –  indossano capi d’archivio dei più grandi stilisti.

La sensibilità e l’attenzione verso l’ambiente e il non spreco hanno sicuramente un ruolo chiave in un’epoca nella quale tante risorse energetiche si stanno riducendo, ma i capi di seconda mano sono anche una moda che nessuno vuole ignorare.


Alla luce delle difficoltà oggettive che riscontrano i grandi marchi italiani, qual è la situazione per i brand emergenti? Lo abbiamo chiesto a Martina Vittonetto, creatrice delle borse di alta gamma WRITE YOUR STORY.

 

1. Dall’ idea di creare borse di lusso al loro posizionamento sul mercato, hai riscontrato delle
criticità oppure è stato immediato?

“Ci sono stati diversi problemi legati anche al fatto che in precedenza non lavoravo nel settore moda. Approcciandomi al mondo degli accessori ho scoperto che bisognava fare un prototipo e che aveva un
costo elevato. Anche scegliere i materiali di recupero non è stato banale, ma fortunatamente ho trovato delle pelli che garantiscono qualità e durata. Inoltre le mie produzioni sono piccole per cui aumentano i
costi e lavorando in maniera artigianale ci vogliono mesi dalla progettazione alla realizzazione, anche perché la filiera delle borse è ampia. Nel mio caso uno dei maggiori ostacoli è stato però far capire ai fornitori che benché giovane, sono strutturata. Nonostante i diversi problemi ho comunque avuto la fortuna di incontrare tante persone che hanno creduto in me e mi hanno sostenuta. Grazie a questo progetto ho scoperto numerose botteghe torinesi, piemontesi e italiane di ottima qualità. Ad esempio, la pochette interna della borsa può essere personalizzata, ma nel settore moda non ho trovato nessuno che lo facesse come intendevo io e così mi sono rivolta alla bottega Fagnola di Torino che si occupa di restauro di libri antichi e che dispone di un macchinario che fa stampe a caldo che funziona bene anche sulla pelletteria”.

2. In un’epoca dominata dal Fast fashion puntare sull’accessorio di qualità che dura nel tempo, è sfidante?

“Decisamente. Nel Fast fashion la qualità non viene presa in considerazione e la produzione è seriale.
Purtroppo oggi sia i giovani che le persone più mature si sono adattate a questo tipo di acquisto e non è facile far capire alla clientela che la spesa di un capo o di un accessorio è elevata perché ci sono qualità, lavoro artigianale e tempo. Nel mio caso – ma sicuramente è così anche per altri brand emergenti – è ancora più difficile convincere che il prodotto, anche se non è un marchio conosciuto, garantisce eccellenza, uno stile che dura nel tempo ed è realizzato totalmente in Italia con una filiera controllata che lavora nel rispetto delle persone. Quando si parla di lusso la clientela dovrebbe essere più sensibile al tema della qualità, ma purtroppo non sempre è così”.

 

3.WRITE YOUR STORY è un brand emergente. È facile o difficile avere un’identità chiara e farsi ricordare in un mercato ormai saturo come quello della moda?

“Sicuramente è complicato. Io faccio parte della generazione social e la tentazione è di usare solo Instagram e TikTok per farmi conoscere, ma questa strada non è coerente con la narrazione del mio brand. Io voglio raccontare in maniera approfondita la storia delle mie borse e per avere un posizionamento alto occorre uno story telling studiato, un universo narrativo in cui le persone si possano riconoscere”.

 

4.I social possono aiutare a creare la brand reputation oppure sono superati?

Dipende molto dal prodotto, ma in generale è necessario essere presenti su Instagram e TikTok anche se in contesti come quello del lusso servono altri tipi di comunicazione. Ad esempio, occorre avere un dialogo diretto con i propri interlocutori”.

5. Il tuo marchio è totalmente Made in Italy. In quest’epoca è un valore aggiunto o un limite?

“A mio parere è un plus. Mi è capitato di rivolgermi a fornitori italiani che mi hanno suggerito di lavorare
con produttori stranieri per abbassare i costi. La mia idea di prodotto però è il lusso per cui non ho mai accettato questo tipo di compromesso. Girando l’Italia per selezionare i fornitori ho trovato artigianalità,
tecnica ed esperienza”.

6.Per le tue borse utilizzi materiali deadstock. Produrre facendo attenzione all’ambiente è
sicuramente positivo. Premia a lungo termine? 

“Forse qualcuno reputa questa scelta non coerente con il lusso e giudica questi materiali di qualità inferiore. In realtà non è così perché nel mio caso la pelle che utilizzo è un’eccedenza, ma è completamente nuova. Semplicemente non è stata utilizzata ed è in edizione limitata”.

7.Un altro tema di tendenza nel fashion è il sociale. Secondo te è legato alla ‘wash image’ oppure è un argomento davvero sentito?

“È un tema delicato e forse qualche brand si appella al sociale per sembrare più etico. Personalmente con
le mie borse vorrei ispirare le clienti e raccontare le loro storie personali. Non tutte sono fortunate e a me interessa dare luce anche alle donne in difficoltà. Per questo sostengo Fondazione Pangea ETSSartoria Vicini di Vita. La prima è un’organizzazione no profit che lavora per favorire lo sviluppo economico e sociale delle donne nel mondo, la seconda – che realizza le dust bag che custodiscono le borse – accoglie, invece, le  persone fragili che qui trovano inclusione, dignità e un’occasione di rinascita”.

 

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