⌈A cura di Chiara Vannini⌉
Raccontare Buondioli Century significa raccontare molto più di un olio extravergine: vuol dire entrare in un progetto che custodisce secoli di storia, paesaggio e memoria familiare, intrecciati tra i rami degli ulivi secolari del Gargano. Presentato il 13 novembre 2025, questo olio in edizione limitata nasce dall’Ogliarola Garganica, una cultivar antica e identitaria, capace di restituire in ogni goccia l’eredità di un territorio unico e la caparbietà di generazioni di olivicoltori.

L’orcio che lo contiene non è un semplice packaging, ma un simbolo: continuità con il passato, rispetto per la terra, cura per un prodotto da trattare come un grande vino, consapevoli però che l’olio è vita, freschezza, e va gustato nel suo momento migliore. Buondioli Century rappresenta un dono, un gesto culturale prima ancora che gastronomico.

In questo progetto si riflettono i 20.000 ettari di oliveti del Gargano, i Presidi Slow Food, l’impegno dei giovani produttori e l’energia di un territorio che oggi, grazie alla sinergia tra olivicoltori, frantoiani, commercianti e un olio-turismo in crescita, difende e celebra la propria identità.
Ed è proprio da qui, da questa visione che unisce passato e futuro, che nasce la nostra conversazione con Domenico Buondioli. Un invito a compiere, insieme, un viaggio mentale e sensoriale tra gli ulivi maestosi di Carpino e i sapori preziosi dei suoi extravergini d’eccellenza.
1. Buondioli Century nasce dagli ulivi secolari del Gargano e si presenta come un olio “da custodire”. In un mercato in cui cresce la sensibilità per l’origine e la qualità, qual è secondo voi il valore aggiunto di un extravergine che nasce da alberi così antichi e da una filiera così identitaria?
Per noi il valore aggiunto è duplice: da una parte è agronomico e sensoriale, dall’altra è culturale.
Gli ulivi secolari del Gargano, in particolare la nostra Ogliarola Garganica, sono piante che hanno imparato a convivere con questo territorio: venti, siccità, suoli difficili. Sono alberi che producono poco in confronto a degli impianti moderni, ma con una concentrazione di profumi e sostanze preziose che un oliveto intensivo fatica a restituire. Da qui nasce un olio con una personalità fortemente territoriale, riconoscibile, che non potrebbe esistere altrove.

L’altro valore è quello identitario. Buondioli Century nasce dal presidio Slow Food degli olivi secolari: vuol dire prendersi cura di singoli alberi, del paesaggio, della storia di famiglia e della comunità che vive intorno a questi uliveti. È un olio “da custodire” perché, scegliendolo, non si acquista solo un prodotto di alta gamma, ma si contribuisce a mantenere vivo un pezzo di Mediterraneo che rischia altrimenti di scomparire.
2. Il prezzo dell’olio extravergine, soprattutto di alta qualità, è aumentato molto negli ultimi anni. Da produttori che puntano sulla tutela del territorio e su una lavorazione artigianale, come spiegate questo costo ai consumatori? E quali interventi servirebbero – nella filiera o nelle politiche agricole – per renderlo più sostenibile per tutti?
Quando parliamo di un extravergine come Buondioli Century non stiamo parlando solo di “un litro d’olio”, ma di tutto ciò che serve per produrlo in modo etico e sostenibile.
Spieghiamo il prezzo partendo da alcuni dati semplici: quanta resa in olio danno gli olivi secolari (spesso molto bassa), quanta manodopera richiedono la potatura, la raccolta manuale e la selezione del frutto, quanto incide una molitura rapida in frantoio di qualità, quanto costa prendersi cura del paesaggio – non solo dell’ettaro produttivo. A questo si sommano gli aumenti di energia, trasporti, materiali di confezionamento. Un olio “giusto” non può costare quanto un prodotto industriale anonimo, perché non nasce nelle stesse condizioni. Si tratta di due prodotti diversi.
Per renderlo più sostenibile servirebbero almeno tre interventi:
- Nella filiera, lavorare su maggiore trasparenza, così che il consumatore capisca davvero cosa c’è dietro un prezzo, e su reti di vendita che riconoscano il valore del lavoro agricolo, evitando una compressione eccessiva dei margini dei produttori.
- Nelle politiche agricole, più sostegno specifico agli oliveti tradizionali e secolari, che sono meno “efficienti” ma hanno un enorme valore paesaggistico e ambientale; incentivi per chi tutela biodiversità, suolo e acqua.
- Sul fronte culturale, investire in educazione alimentare: quando le persone comprendono la differenza tra un olio e l’altro, il prezzo smette di essere solo un numero e diventa una scelta consapevole.
3. Buondioli Century è pensato come un olio “da intenditori”, da vivere come si farebbe con un grande vino. Quali pratiche, culturali o educative, andrebbero promosse in Italia affinché l’olio venga davvero percepito come un prodotto prezioso, legato al territorio e non come un semplice condimento?
Crediamo che l’olio extravergine debba fare lo stesso percorso culturale che il vino ha fatto negli ultimi decenni.
Per riuscirci, servono pratiche molto concrete: carte degli oli nei ristoranti, come avviene per i vini; servizio dell’olio al tavolo, raccontando origine, cultivar e abbinamenti; degustazioni guidate nei frantoi e negli uliveti, per far capire cosa significa davvero “profumo verde”, amaro, piccante e perché sono pregi, non difetti. Sul piano educativo sarebbe importante introdurre l’olio nelle scuole, nei corsi di cucina, nei media gastronomici con la stessa dignità che oggi hanno il vino o il caffè: spiegare come si assaggia, come si conserva, quanto incide sulla salute.
Con Buondioli Century proviamo a dare un segnale in questa direzione: è un olio in edizione limitata, da condividere in pochi, servito nel suo orcio dedicato, pensato per essere raccontato e non semplicemente “usato”. Solo quando inizieremo a vivere l’olio così – come un prodotto culturale oltre che alimentare – potrà essere percepito in maniera adeguata e come merita.
