La cucina è patrimonio UNESCO: e i diritti di chi la rende possibile?

cucina italiana

Il 10 dicembre non è una data qualunque. È la giornata in cui il mondo ricorda la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani dell’ONU, un testo che ancora oggi rappresenta un faro e insieme uno specchio: ci mostra dove dovremmo essere, ma soprattutto quanto ancora ne siamo distanti.

Quest’anno, questa ricorrenza si affianca – quasi in contrappunto – alla proclamazione della cucina italiana come patrimonio immateriale dell’UNESCO. Due dichiarazioni, due livelli diversi: una parla dei diritti fondamentali dell’essere umano, l’altra celebra un’eccellenza culturale del nostro Paese. Ed è impossibile non notare la distanza che a volte separa la retorica della celebrazione dalla realtà delle condizioni di chi quel patrimonio lo rende possibile ogni giorno.

Il riconoscimento al valore della gastronomia italiana è una buona notizia, certo. Ma rischia di trasformarsi in un involucro vuoto se non viene accompagnata da politiche reali di tutela della terra, degli agricoltori, dei lavoratori della filiera, senza i quali nessuna “cucina italiana” potrebbe esistere.

A cosa serve proteggere un simbolo se non proteggiamo la sua origine?
Come possiamo parlare di sostenibilità alimentare – vera, non solo evocata – se l’agricoltura continua a essere lasciata troppo spesso sola, schiacciata da pratiche sleali, precarietà, agromafie, caporalato?

Presidente Tiso di Confeuro
Presidente Tiso di Confeuro

È proprio su questo che interviene Andrea Tiso, Presidente nazionale Confeuro, ricordando il senso profondo della ricorrenza:
“La Giornata Mondiale dei Diritti Umani rappresenta un momento di riflessione imprescindibile. È l’occasione per riaffermare con forza che i diritti fondamentali devono appartenere a ogni persona, senza distinzione di razza, sesso, religione o condizione sociale”.

Tiso ricorda come nel settore primario la tutela dei diritti non sia un dettaglio, ma una condizione essenziale per la qualità della vita e del lavoro:
“Dove esistono le condizioni per un’agricoltura sana, sostenibile e rispettosa dell’ambiente, lì trovano spazio anche la tutela dei diritti, l’equità, la civiltà. L’agricoltura, quando è ben governata e sostenuta da politiche adeguate, diventa un presidio di legalità e un moltiplicatore di benessere”.

È una verità che il Paese continua a ignorare: non esiste tutela della cucina italiana senza tutela dell’agricoltura italiana. Non esiste patrimonio immateriale senza il lavoro materiale – spesso invisibile – di produttori, coltivatori diretti, lavoratori e braccianti.

Confeuro logo
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Per questo Confeuro ribadisce la necessità di combattere dumping, agromafie, caporalato e ogni forma di illegalità che svilisce la dignità delle persone e impoverisce i territori. E richiama l’articolo 36 della Costituzione:
ogni lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata e sufficiente a garantire un’esistenza libera e dignitosa.

Oggi, 10 dicembre, celebriamo sia la dignità della persona che un patrimonio culturale nazionale. Ma se vogliamo essere credibili, le due cose devono camminare insieme: nessuna cucina può dirsi patrimonio dell’umanità se chi la rende possibile non viene trattato con umanità.

Chiara Vannini

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