L’Editoriale del Lunedì
Non è più solo il Sud a svuotarsi. Oggi, sempre più giovani lasciano anche il ricco Nord Italia. Milano, Bologna, Torino: città che una volta rappresentavano il sogno del lavoro qualificato e della carriera, ora vedono una diaspora silenziosa verso l’estero. I dati OCSE lo confermano: l’Italia è tra i Paesi europei con la minore mobilità sociale. In altre parole, nascere in una famiglia svantaggiata significa avere pochissime possibilità di migliorare la propria condizione economica e culturale.
L’ascensore sociale è fermo da anni, e l’imprenditoria giovanile fatica a decollare. Burocrazia, scarsa fiducia nelle istituzioni, un sistema del credito poco aperto all’innovazione, e una cultura che penalizza il rischio: tutto rema contro chi prova a costruire qualcosa di nuovo. Eppure, nonostante tutto, c’è una generazione che ci crede. Giovani che investono, che restano, che provano ad aprire imprese nei settori più diversi – dalla tecnologia alla sostenibilità, dall’artigianato alla cultura – spesso autofinanziandosi, spesso senza reti di sostegno.
Sono loro la parte migliore di questo Paese. Ma non possono farcela da soli. L’Italia forma talenti e poi li perde: non possiamo più permettercelo. Per cambiare davvero rotta serve una politica che li ascolti, li accompagni e, finalmente, investa su di loro. L’allarme è suonato da tempo. Chi ha il potere di agire, cosa aspetta?