Percezione, aspettativa, emozione e identità: il vino è molto più di un’esperienza sensoriale. Scopriamo come la mente, spesso a nostra insaputa, trasforma ogni sorso in un racconto. In un’armoniosa dicotomia fra vino e psicologia
C’è un momento preciso, subito prima che il vino tocchi le labbra, in cui è già successo tutto. La percezione è stata preparata, i sensi allertati, l’aspettativa costruita. Quel momento non appartiene al palato, ma alla mente.
Oggi la psicologia, la neuroscienza e la semiotica ci rivelano che bere vino è un atto mentale tanto quanto fisico. Dal colore alla musica in sottofondo, dal prezzo all’etichetta: tutto partecipa al giudizio finale. Ma quanto possiamo davvero fidarci dei nostri sensi? E quanto, invece, ci guida l’immaginazione?
Il gusto è un racconto: lo studio che ha smascherato i pregiudizi
Nel 2001, due ricercatori francesi, Frédéric Brochet e Denis Dubourdieu (Université de Bordeaux), decisero di mettere alla prova gli studenti di enologia. Presero un vino bianco, vi aggiunsero colorante rosso inodore, e lo presentarono come fosse un rosso. I futuri esperti, ignari dell’inganno, lo descrissero usando termini come “tannico”, “strutturato”, “fruttato di ciliegia”.
Lo stesso vino, nuovi significati.
Un piccolo inganno per dimostrare una grande verità: il cervello interpreta prima ancora di percepire.
Più costa, più ci piace: l’effetto placebo del lusso
Nel 2015, uno studio dell’INSEAD e dell’Università di Bonn, guidato da Hilke Plassmann, confermò che il prezzo altera la percezione gustativa. Ai partecipanti veniva offerto lo stesso vino, ma in un caso dichiarato da €5, nell’altro da €45.
I risultati furono sorprendenti. Il vino “costoso” veniva percepito come più buono, e le neuroimmagini cerebralimostrarono un’attivazione maggiore nelle aree del piacere e della gratificazione (nucleus accumbens e corteccia prefrontale mediale).
Non era il vino a cambiare. Era la mente a riscrivere l’esperienza.

L’etichetta influenza il sapore: le parole contano
Secondo il food psychologist Charles Spence (Università di Oxford), l’estetica del packaging influisce sul gusto percepito. Una bottiglia pesante, un’etichetta con la parola “château”, un nome francese: tutto concorre a creare un’aspettativa di qualità.
Uno studio per Aldi ha dimostrato che i consumatori giudicavano più buoni i vini con bottiglie eleganti e nomi evocativi — anche quando il contenuto era identico. Il nostro cervello, ancora una volta, sente ciò che si aspetta di sentire.
Il suono del vino: come la musica trasforma l’esperienza
Uno studio pubblicato sul British Journal of Psychology ha mostrato che la musica altera la percezione gustativa del vino: classica = morbidezza, rock = intensità.
Non è un caso se alcune cantine, come Banfi in Toscana o produttori in Cile, fanno invecchiare i loro vini con musiche scelte. Il suono agisce come amplificatore sensoriale, modulando emozioni e stati mentali.
Il vino non si beve solo con la bocca, ma con le orecchie, gli occhi e il cuore.
Neuromarketing: emozioni in etichetta

In Italia, il prof. Vincenzo Russo (IULM Milano), specialista in neuromarketing, ha messo in luce come la scelta di un vino sia profondamente inconscia. Il cervello reagisce a stimoli visivi, verbali, tattili ed emotivi — dalla forma della bottiglia al suono del tappo, fino alla storia evocata dal nome del vino.
Nel suo libro “Comunicare il vino. Tecniche di neuromarketing applicate”, Russo dimostra che non è la razionalità a guidare l’acquisto, ma l’emozione. Basta una parola giusta (“vellutato”, “misterioso”, “notturno”) per attivare aree limbiche e generare desiderio.
Semiologia della degustazione: leggere il vino come un testo
Secondo il semiologo Francesco Annibali, autore de Il Linguaggio del Vino, ogni degustazione è un atto interpretativo. Ogni nota olfattiva e gustativa viene “letta” come un segno, e associata a simboli culturali.
Nel suo libro Logica della degustazione del vino, Annibali propone un modello “abduttivo”: il degustatore è come Sherlock Holmes, che osserva indizi, formula ipotesi e cerca il significato nascosto nel bicchiere.
Dimmi che vino scegli e ti dirò chi sei
Uno studio pubblicato nel 2025 su Frontiers in Psychology ha messo in relazione personalità e percezione degli effetti del vino.
Risultati sorprendenti:
Estroversi e felici? Tendono a percepire il vino come stimolante.
Narcisisti o depressi? Lo vivono come calmante.
Chi è impulsivo preferisce vini dolci, chi è più riflessivo opta per vini secchi e strutturati.
Il vino diventa specchio del sé, e la scelta non è mai neutra.
Il cervello ha sempre un sorso d’anticipo
Bere vino è un atto culturale, simbolico, emotivo.
È una storia che raccontiamo a noi stessi ogni volta che alziamo il calice.
E questa storia è scritta da molte mani: neuroscienza, psicologia, linguaggio, memoria, contesto.
La psicologia del vino ci svela che non siamo semplici assaggiatori, ma narratori inconsapevoli. E forse è proprio questo che rende il vino così umano: non solo da bere… ma da interpretare.
A cura della Redazione