⌈di Alberto Schieppati⌉
Nonostante la grande rivoluzione qualitativa portata avanti da tanti frantoi italiani negli ultimi anni, l’olio extravergine d’oliva (EVO) fatica ancora a trovare il posto che merita, soprattutto nella ristorazione.
Al di fuori di qualche coraggioso chef o patron del fine dining, sono pochi quelli che scelgono di valorizzarlo davvero. Eppure parliamo di uno dei prodotti simbolo della nostra cultura alimentare, capace — quando è ben selezionato e usato con consapevolezza — di esaltare ogni piatto, dalla cucina tradizionale alla più creativa.
Nelle case degli italiani la situazione non è molto diversa: a parte pochi appassionati e intenditori, la maggior parte delle famiglie si affida alla grande distribuzione, scegliendo oli di cui spesso non se ne conosce del tutto la provenienza, né la varietà delle olive utilizzate.
Eppure, qualcosa sta cambiando. Negli ultimi anni, anche tra i consumatori comuni, è cresciuta l’attenzione verso alcuni aspetti fondamentali, che possono fare la differenza nella scelta dell’olio extravergine d’oliva:
- L’origine 100% italiana, preferita rispetto agli oli miscelati o prodotti con olive provenienti da altri paesi dell’Unione Europea.
- Un prezzo coerente con la qualità: chi conosce le fasi della produzione — dalla raccolta alla spremitura — sa bene che un olio eccellente non può costare poco.
- La trasparenza sull’origine territoriale e sulla cultivar: conoscere da dove viene un olio e quali varietà di olive sono state utilizzate è oggi un valore riconosciuto e sempre più cercato.
Tre semplici criteri, ma spesso trascurati, che potrebbero guidare una scelta più consapevole — sia a casa che al ristorante — contribuendo non solo a una migliore alimentazione, ma anche alla tutela di un patrimonio agricolo e culturale unico al mondo.