⌈Editoriale a cura della Redazione⌉
C’è una domanda che torna, silenziosa, ogni volta che versiamo un bicchiere di vino:
quanto di ciò che stiamo bevendo è ancora “nostro”, e quanto appartiene ormai al nuovo clima che ci circonda?
Le vigne non mentono. Maturano prima, soffrono di più, si spostano verso Nord. I produttori parlano di “resilienza”, di “sostenibilità”, di vitigni resistenti alla siccità. Ma dietro quelle parole c’è la consapevolezza che la geografia del vino — e forse anche la nostra — sta cambiando per sempre. La mappa del gusto si riscrive sotto i nostri occhi, ma non siamo pronti a leggerla: continuiamo a cercare “il vino di una volta”, anche se il “clima di una volta” non esiste più.
Eppure, quando beviamo un bicchiere di vino, non ce ne accorgiamo.
Il cambiamento lo sentono i produttori — quelli che raccolgono uve scottate, che anticipano la vendemmia, che vedono le viti soffrire. I consumatori, invece, restano protetti da un’etichetta, da un racconto, da un’abitudine.
Bevono lo stesso nome, la stessa bottiglia, e credono di bere lo stesso vino.
Ma non è più lo stesso. Il gusto cambia, le annate si accorciano, le gradazioni aumentano. Solo che il mercato, con la sua potenza narrativa, nasconde tutto sotto la promessa dell’autenticità.
Così, il cambiamento climatico si sente nel vigneto, ma non nel bicchiere.
E forse è proprio questa distanza — tra chi produce e chi consuma, tra chi sente e chi ignora — la più difficile da colmare. Il vino è da sempre una forma di memoria collettiva: racconta un territorio, una stagione, un equilibrio tra uomo e natura.
Cosa si può fare, allora?
Adattarsi, certo. Innovare, raccontare meglio, forse.
Ma il punto è che non possiamo più parlare di vino senza parlare di clima. E parlare di clima significa accettare che il futuro del vino non sarà quello che ricordiamo, ma quello che sapremo comprendere e raccontare.
Forse l’unica risposta possibile è cambiare sguardo: non cercare solo la nostalgia di ciò che era, ma la curiosità per ciò che sta nascendo.
Capire che nel bicchiere non c’è solo il passato di una vigna, ma anche il futuro di un pianeta.
Perché il vino continuerà a raccontare storie — ma saranno storie nuove.
E la domanda, allora, non sarà più “quanto il clima sta cambiando il vino?”,
bensì “quanto noi siamo disposti a cambiare insieme al clima?”.

