Il mondo del lavoro sta cambiando, e lo sta facendo in meglio. Cresce ovunque la libertà di lavorare da qualsiasi luogo, e con essa cresce un intero ecosistema fatto di nuove opportunità, nuovi modi di viaggiare e un’idea più flessibile e umana di vita professionale.
Secondo le stime più recenti, oggi tra 40 e 80 milioni di persone nel mondo vivono come nomadi digitali: professionisti che scelgono di lavorare da remoto spostandosi fra città, Paesi e continenti. La fascia più rappresentata è quella dei 25-44 anni, ma aumentano anche gli over 50 che abbracciano questo stile di vita grazie alla possibilità di lavorare da remoto.
A guidare la crescita è il cambiamento culturale iniziato con la pandemia: negli Stati Uniti i nomadi digitali sono oggi 18,1 milioni, +147% rispetto al 2019, mentre in Italia gli smart worker sono passati dai 570 mila del 2019 a oltre 3,5 milioni, con un potenziale di ulteriori tre milioni.

Questa nuova libertà sta trasformando anche il modo di viaggiare. Il concetto di “workcation”, ovvero unire lavoro e vacanza, piace a quasi metà degli italiani (48%), con percentuali altissime tra Millennial e Gen Z (fino al 79%). Crescono anche il bleisure – viaggi di lavoro estesi con giorni di relax – e il nomadismo digitale vero e proprio.
Non sorprende, quindi, che sempre più Paesi (oltre 64, Italia compresa) abbiano introdotto visti dedicati ai lavoratori da remoto, con soggiorni da sei mesi a due anni. La loro presenza genera valore economico e culturale nei territori, contribuendo a una nuova forma di turismo sostenibile e continuativo.
Coworking in pieno boom: il mercato è già a 30 miliardi e raddoppierà
Se milioni di persone lavorano in movimento, cambia anche ciò di cui hanno bisogno: spazi flessibili, connessi, accoglienti. Ed è qui che arriva una delle notizie più incoraggianti: il mercato globale del coworking è oggi stimato in 30 miliardi di dollari e, secondo Research and Markets, arriverà a 59 miliardi entro il 2032, quasi raddoppiando in soli sette anni.
A spingere questa crescita è proprio la domanda di ambienti pensati per una forza lavoro mobile, creativa e collaborativa. E l’industria dell’hospitality sta già rispondendo al cambiamento.
«Stiamo assistendo a un’evoluzione profonda dei viaggiatori, sempre più orientati a coniugare lavoro e mobilità», spiega Rosa Giglio, Head of Brand Marketing and Communication di BWH Hotels Italy & South-East Europe. «Gli hotel stanno diventando veri hub di produttività, luoghi in cui si viaggia, si lavora, si crea rete».
Un esempio è myWO, il servizio di coworking integrato in alcune strutture del gruppo, che trasforma l’hotel in uno spazio fluido, dove professionisti, freelancer e creativi possono trovare tutto ciò che serve per lavorare bene mentre sono in viaggio.
Un cambiamento che crea valore
Con un reddito medio tra 3.000 e 4.000 dollari al mese, molti nomadi digitali praticano il cosiddetto geo-arbitrage: guadagnare stipendi occidentali vivendo in Paesi con costi più bassi. Questo genera un impatto economico positivo sui territori, che attraggono nuove competenze e una spesa distribuita nel tempo.
I settori più rappresentati? IT, servizi creativi e istruzione, che da soli costituiscono oltre il 40% della forza lavoro nomade. Sviluppatori, designer, ghostwriter, coach online, imprenditori digitali: professioni che vivono di connessione più che di sede fisica.
Ed è proprio questo il cuore della buona notizia:
Il lavoro sta diventando più libero, più flessibile, più umano — e sta creando nuove opportunità per persone, città e imprese.
