Gaja: “Si può, ma la strada contro la chimica è lunga”.

di Angelo Gaja

produttore vinicolo piemontese noto in tutto il mondo per il Barbaresco e i suoi vini di alta qualità

Tra il 1850 e il 1890 si abbatterono sulla viticoltura europea l’oidio e la peronospora, fitopatologie nuove e aggressive come non si erano mai viste nei secoli precedenti. I viticoltori dovettero imparare a combatterle sistematicamente con l’impiego di antiparassitari, zolfo e rame, se volevano salvare la produzione d’uva. Come non bastasse, qualche tempo dopo arrivò la filossera a innescare la moria delle viti, a seguito della quale si fu costretti a estirpare la totalità dei vigneti per reimpiantarli successivamente su portainnesto di vite americana, quest’ultima resistente alla malattia.

E’ nel secolo corrente che prende forza la domanda di un’agricoltura che faccia meno ricorso alla chimica…

L’impiego della chimica per contrastare le fitopatologie…

Sembrò a quel tempo che la viticoltura europea ricevesse un colpo mortale. Non fu possibile allora attribuire il disastro al supposto cattivo stato di salute della viticoltura causato da un impiego eccessivo della chimica, perchè non se n’era mai fatto uso prima; alla monocoltura, perchè si era sempre paraticata la policoltura; alla perdita di biodiversità, perchè non ce n’era mai stata così tanta. Ci fu dapprima un ampio abbandono della viticoltura in favore di altre coltivazioni. Poi, gradualmente, si trovarono le contromisure e nel secolo scorso si individuò nella chimica il mezzo più efficace per contrastare le fitopatologie attraverso l’impiego di antiparassitari, definiti via via anche come fitofarmaci, pesticidi, veleni chimici.

E la chimica, a farla da padrona, continuò a fornire altri prodotti ancora da impiegare in qualità di fertilizzanti e diserbanti. E’ nel secolo corrente che prende forza la domanda di un’agricoltura che faccia meno ricorso alla chimica e si affermi per il cibo l’esigenza della sanità, a protezione della salute del consumatore e della pulizia, affinchè la coltivazione non divenisse inquinante per l’ambiente. L’obiettivo primario di ridurre l’impatto della chimica in viticoltura viene oggi perseguito con la lotta integrata che riduce l’uso di antiparassitari integrandoli con prodotti che non sono di origine chimica; la conduzione biologica che limita l’uso dei prodotti chimici ai soli rame e zolfo; la conduzione biodinamica che esclude l’uso della chimica.

La strada per abbattere l’uso della chimica nel vigneto è lunga, utilizziamo tutti gli strumenti disponibili…

La ricerca offre nuove opportunità…

Vanno utilizzati anche quei sistemi che consentono di arrivare a produrre viti che offrano una buona resistenza alle malattie, inseguendo così l’obiettivo di contenere/abbattere il ricorso alla chimica per combatterle. La recente scoperta del sequenzionamento del genoma della vite offre oggi alla ricerca nuove importanti opportunità: di individuare le viti che ospitano il gene della resistenza (al patogeno) e di trasferirlo nel genoma di viti che non lo posseggono. Pratica da avviare attraverso l’impiego di biotecnologie che non sono equiparabili agli OGM transgenici.

Andrà chiesto ai vivaisti di dedicare maggiori attenzione al materiale derivante da selezione massale, per non affidarsi totalmente alla selezione clonale che produce viti più fragili. Al fine poi di recuperare salute al vigneto, andranno estese le pratiche che consentono di rafforzare la vitalità del suolo. La strada per abbattere l’uso della chimica nel vigneto è lunga (se la si vuole condurre con successo va percorsa senza paraocchi) utilizzando tutti gli strumenti disponibili.

 

 

 

Lascia un commento

*